A tavola con il Dottor Balanzone

“Questo – scrive Andrea Segrè nella prefazione al libro di Napoleone Neri – non è un semplice compendio di ricette tradizionali. Sì, ci sono anche quelle, ma è qualcosa di più: uno studio approfondito dei piatti e dei prodotti che hanno reso famosa Bologna nel mondo. Neri non si accontenta di raccontare e interpretare le ricette della tradizione bolognese, ma le sviluppa secondo dettami tecnici, cercando di far comprendere l’importanza della qualità degli ingredienti e la rilevanza dei procedimenti della lavorazione. E ancora, ci propone un’analisi storica profonda e contestualizzata della cultura gastronomica di Bologna e la illustra in modo originale, spiegando con dovizia di particolari l’interazione dei fattori storico-sociali, il progresso agroalimentare del territorio, l’evoluzione degli ingredienti e le innovazioni in cucina.”

L’autore del libro, edito nel 2018 dalla casa editrice Pendragon, è figlio di agricoltori della Bassa bolognese e ha vissuto intensamente le tradizioni rurali della sua famiglia e della sua terra. Esperto cioccolatiere e professionista del food marketing, Napoleone Neri – classe 1948 – è attento conoscitore delle filiere agroalimentari e studioso della cultura gastronomica bolognese. Con il suo volume Come il cioccolato sui maccheroni (Mondadori 2006) ha contribuito a diffondere l’uso del cacao come ingrediente nei piatti salati. Nel 2022 ha pubblicato, sempre con Pendragon, Il cuore del cacao. 500 anni di storia del cioccolato.

Nell’introduzione Neri spiega bene al lettore questa sua scelta del Dottor Balanzone come compagno di tavola in questa ricerca dei piatti bolognesi.

“Il Dottor Balanzone fa parte delle otto antiche maschere della Commedia dell’Arte del ’600, spesso lo troviamo accomunato a Pantalone e Brighella e rappresenta la maschera tipica di Bologna, il Gran Dottore che raffigura in chiave burlesca e comica la saccenteria. Con il suo modo di fare simboleggia il carattere dei bolognesi, che sanno ridere di se stessi e dei propri difetti.
Deve il suo nome alla balanza, ovvero la bilancia delle aule dei Tribunali, in virtù del suo atteggiamento da principe del foro. Indossa l’abito dei professori universitari: vestito interamente di nero, ad eccezione del bavero e dei polsini bianchi, rappresenta in questo modo la “dotta” Bologna, così definita grazie alla sua Università, che già nel 1300 era considerata il centro della cultura europea.
Di aspetto robusto, paffuto e con una discreta pancia contenuta da una larga cintura dalla fibbia dorata, Balanzone sembra raffigurare anche l’altro soprannome affidato alla sua città, quello di “grassa”. Come tutti i bolognesi, ama stare a tavola e, dopo aver mangiato e ben bevuto, emette le sue sentenze, pronunciate con cadenza austera e professorale.
Il Dottore sfrutta la sua credibilità per fare affari a danno del prossimo, ma tutto si conclude con Brighella, la famosa maschera bergamasca, che lo prende in giro con sguaiataggini e scherzi.

Casimir Frescot, fecondo scrittore francese, durante il suo soggiorno a Bologna (1673-1689) racconta: “Il dialetto dei bolognesi è particolare, ha l’onore di essere adoperato come uno dei dialetti caratteristici della Commedia dell’Arte, viene recitato da un Dottor (Balanzone) che stordisce tutti con i suoi discorsi sconclusionati e interminabili. Inoltre, l’accento bolognese ha un ‘non so che’ che muove al riso”.
Io sono particolarmente affezionato al Duttour Balanzàn: mi piacerebbe averlo come vicino di tavola, scegliere e degustare con lui i piatti petroniani; è il personaggio immaginario che amo più di ogni altro, perché penso di condividere con lui la mia passione per il buon cibo, in particolare per i piatti di sostanza. Balanzone è un personaggio senza tempo, rappresenta degnamente la città di Bologna, per questo motivo è la mia guida nello scegliere i piatti simbolo della cucina bolognese.”

E questi piatti simbolo che Neri ci racconta – prima ancora di fornirci le ricette – non sono certo pochi: 17 antipasti, 37 primi piatti, 31 secondi piatti, 14 contorni, 12 preparazioni di salumeria, 31 dolci. E ancora, nell’ultima parte del libro ci offre una ricca carrellata di prodotti del territorio: conserve, arte bianca, formaggi, vino, liquori, birra, miele…

“La cucina italiana esiste? È una domanda provocatoria, per dire che forse ci siamo un po’ illusi. Oggi, in giro per il mondo c’è un’idea spontaneistica della nostra cucina. La verità – conclude Neri nella sua introduzione – è che ci siamo dimenticati delle numerose culture enogastronomiche regionali, che sono i veri pilastri del made in Italy. Nel mondo la cucina italiana riscuote grandi consensi, dovremmo però fare di più; forse, i nostri enti di promozione dovrebbero coinvolgere i cuochi all’estero, mettendo al di sopra di tutto gli stili delle cucine regionali. Solo in questo modo, forse, si potrà accrescere la nostra leadership. Il giacimento gastronomico bolognese andrebbe maggiormente divulgato mediaticamente, per poterlo davvero tutelare. Alessandro Cervellata grande artista e gastronomo, disse: ‘Il credito di cui gode in questo campo Bologna, è uno dei più lusinghieri cui possa aspirare la virtù di una città, la quale è riuscita a trasformare in arte una semplice necessità’.

Non a caso Andrea Segrè, condividendo in pieno questo orientamento dell’autore, nella sua prefazione arriva a formulare una proposta precisa e audace:

“Mi sono convinto – scrive – che la cultura gastronomica di Bologna dovrebbe essere un patrimonio culturale dell’umanità da custodire con dedizione e amore, magari anche da far conoscere e, soprattutto, da insegnare alle nuove generazioni, a quegli “Z” dall’alimentazione spersonalizzata e globalizzata. Un bene immateriale così prezioso che andrebbe dunque iscritto nella prestigiosa lista dell’UNESCO, quale patrimonio di eccellenza mondiale. Sì, avete capito bene: proprio un sito UNESCO “Cultura gastronomica bolognese”. Come la pizza napoletana, ma, con tutto il dovuto rispetto per Pulcinella, il dottor Balanzone rappresenta qualcosa di più.”

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