L’Artusi da gastronomo a investigatore…

Grazie alla penna di Marco Malvaldi – giallista toscano contemporaneo divenuto famoso per i vecchietti del BarLume – possiamo ritrovarci in compagnia di Pellegrino Artusi nella veste inconsueta e un po’ casuale di investigatore.

Due i romanzi di Malvaldi dedicati all’Artusi, entrambi pubblicati da Sellerio.

Il primo, che si intitola Odore di chiuso (2011) è ambientato nella Maremma di fine Ottocento e precisamente nel 1895:

“Siamo nel 1895 e questo non è un caso. È un anno in cui si verificano un certo numero di eventi significativi. L’8 dicembre Marconi riesce ad inviare il suo primo segnale radio oltrepassando una collina, […], il 28 dicembre i fratelli Lumiére organizzeranno a Parigi la prima dimostrazione pubblica di una diavoleria chiamata ’cinematografo’, Maria Montessori sarà la prima donna a venire ammessa nella società Lancisiana e Pellegrino Artusi darà alle stampe la seconda edizione del suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.

La storia è abbastanza semplice: un nobile invita alcune persone nella sua tenuta perché, essendo in crisi di liquidità, vorrebbe trasformarla in un albergo. Nei giorni in cui gli ospiti soggiornano nel castello si consuma un delitto: muore il maggiordomo per avvelenamento. Le indagini si orientano su più fronti, dall’ambiente delle scommesse sui cavalli a quello dei cravattari.
I personaggi sono tutti tratteggiati con ironia e umorismo: il barone decaduto, la cugina zitella, il figlio sciocco e l’altro donnaiolo, la servitù miserabile ma furba, e infine Pellegrino Artusi, che si era portato appresso un libro di Sherlock Holmes e che diventa involontario investigatore grazie alle doti sviluppate in cucina!
Un vero giallo classico, basato su interrogatori, intuizioni e conclusioni deduttive. L’epoca è quella di un’Italia da poco unificata con riferimenti storico-letterari che strizzano l’occhio all’oggi.

A nove anni di distanza, con Il borghese Pellegrino (2020), Malvaldi si avventura nuovamente in un romanzo che ha per protagonista Pellegrino Artusi.
Questa volta la trama da giallo classico si colloca in un contesto più complesso con rimandi non scontati al quadro storico-economico dell’epoca.
Pellegrino Artusi è ospite di un antico castello che un agrario capitalista, Secondo Gazzolo, ha acquisito con tutta la servitù, trasformando il podere in una azienda agricola d’avanguardia. Oltre al proprietario e alla moglie, completano il gruppo altri illustri signori: il professor Mantegazza, amico di Artusi, fisiologo di fama internazionale; il banchiere Viterbo, tanto ricco quanto ingenuo divoratore di vivande; il dottor D’Ancona, delegato del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico della Turchia; Reza Kemal Aliyan, giovane turco, funzionario dello stesso consiglio; il ragionier Bonci, assicuratore con le mani in pasta, accompagnato dalla figlia Delia.
A riunire tutti non è soltanto una finalità conviviale, ma anche e soprattutto un affare in cantiere: sono gli anni d’inizio Novecento e la finanza europea si andava impadronendo del commercio internazionale del decadente Impero Ottomano.
A interrompere la sequenza di pranzi e colloqui interviene la morte di un ospite, trovato esamine nella sua camera da letto chiusa a chiave. Il professor Mantegazza non ha dubbi, è stato soffocato da mani umane.
Le indagini si sviluppano tra circostanze poco chiare, passaggi segreti, tresche clandestine: con una sfumatura di gotico che ben si addice al luogo ma che contrasta ironicamente con lo sfoggio scientista di alcuni dei personaggi coinvolti, in sintonia con la moda dell’epoca.

A risolvere il caso, anche questa volta, sarà il gastronomo investigatore!

Particolarmente riuscite le pagine di un presunto diario di Pellegrino Artusi sparse nel romanzo: oltre alla riproposizione del linguaggio dell’epoca e del suo pensiero in materia culinaria – strepitoso il racconto dell’assaggio della carne in scatola presentata da Gazzolo e Mantegazza come “alimentazione del futuro” – ci si imbatte in riflessioni e suggerimenti che travalicano i confini della tavola e che meriterebbero maggiore attenzione e ascolto anche oggi:

“Se siamo preparati in ciò di cui si parla, il nostro dovere è fare; nel caso contrario, credo che sia nostro preciso dovere l’astenerci dal fare qualsivoglia cosa, di quelle che si fanno pur di non apparire indifferenti. Questa nostra società funzionerebbe assai meglio se ognuno si sforzasse di fare al meglio ciò che sa fare, tentasse di imparare ciò che non sa fare, e avesse sempre ben presente ove si trova il confine tra queste due cose”.

Ultima notazione: con Odore di chiuso, nel 2011, Malvaldi ricordava il centenario della morte di Artusi, mentre con Il borghese Pellegrino ha voluto celebrare il bicentenario della nascita, avvenuta nel 1820.

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