La cucina della Val d’Aosta in 300 ricette

La Val d’Aosta, la più piccola e meno popolata regione della penisola italiana, è una regione quasi interamente montuosa e le montagne che la circondano sono tra le più alte d’Europa. Il fiume che scorre al centro della regione, in tutta la sua lunghezza, la Dora Baltea, riceve le acque da diversi affluenti, che formano altrettante valli ricche di scorci incantevoli. Tali sono la Valtournenche, la valle di Cogne, quella di Gressoney e quella del Gran San Bernardo (per citarne alcune).
Il cuore della regione, poi, è occupato dal Parco del Gran Paradiso: una vasta area, ove vive la fauna originaria del posto, costituita prevalentemente da stambecchi, marmotte, camosci e selvaggina di piuma.
La Val d’Aosta, quindi, è come uno scrigno racchiuso tra alte vette: quelle del Monte Bianco, del Cervino, del Monte Rosa e del Gran Paradiso. E questo spiega perché la gastronomia della regione conservi tutte le caratteristiche di una regione montana. La cucina della regione, infatti, è tutta incentrata sui frutti della montagna, sui prodotti derivati dall’alpeggio, dalla lavorazione e conservazione delle carni e del latte.
Si tratta di una cucina che ha origine in tempi in cui i valligiani avevano serie difficoltà ad affrontare le condizioni ambientali e climatiche, cui dovevano sottostare a lungo, durante l’anno. Una cucina che si basava su risorse alimentari in cui, oltre alle avversità climatiche, giocava un ruolo pesantissimo anche l’isolamento, determinato, fino a meno di un secolo fa, dalla difficoltà degli spostamenti e degli scambi.

Inizia così questo bel libro scritto da Emilia Valli e pubblicato nel 2014 da Newton Compton, esperta gastronoma: non solo ricette, ma la storia della cucina della Valle d’Aosta, un percorso gastronomico tra ricette valdostane della tradizione e prodotti tipici. Esperta gastronoma, la Valli ha collaborato a diversi periodici specializzati e ha curato numerosi libri di cucina e di educazione alimentare.

Attraverso 300 ricette tradizionali il libro racconta un patrimonio gastronomico in cui i prodotti migliori della terra vengono messi al servizio di una cucina tipica:

“Le rastrelliere di legno che raccolgono le forme di pane, bianco, giallo e nero; il fuoco sempre acceso per cuocere minestre, zuppe, insaccati e carni, i paioli di rame neri di fumo che si trasformano in magico crogiolo per la polenta giallo-oro che staziona, bofonchiando impaziente: la civiltà della tavola della regione è sommessa e al tempo stesso nobile.”

Bastano questi poche battute per far venire la voglia di scoprire le ricette proposte nel libro e provare a realizzarne qualcuna oppure – per i più pigri ai fornelli – a programmare una bella gita gastronomica in Val d’Aosta!

Ma c’è un prodotto tipico di questo territorio che merita forse una menzione speciale: per le sue caratteristiche e la sua versatilità in cucina è conosciuto e apprezzato da tutti i buongustai, è la fontina. Alla sua storia la nostra autrice dedica una pagina molto interessante che riportiamo qui di seguito.

“La vera ricchezza del paese, comunque, è il latte. Da questo prezioso alimento, che proviene dagli alpeggi nei quali le mucche, lontane da ogni inquinamento, “si nutrono di margherite”, nasce la fontina, il formaggio Dop (DOC dal 1955) più tipico e diffuso della Valle, fatto di latte vaccino intero, proveniente da un’unica mungitura, scaldato a 36° e coagulato in circa 40 minuti, con l’aggiunta di caglio d’agnello in pasta o caglio liquido di vitello.
Questo formaggio a pasta semicotta, di sapore delicato o piccante, a seconda della stagionatura, che è presente nella maggior parte dei piatti della regione, rimane uno dei più caratteristici formaggi italiani.
La fontina, infatti, si accorda alla perfezione con la maggior parte dei piatti regionali italiani; ma soprattutto con quelli della regione aostana: dalla “fonduta”, alla “polenta concia”, dalla totalità delle zuppe valdostane, ai piatti di carne, ai crostini o al riso.
Questo formaggio, il cui nome deriva da Font, alpeggio vicino a Quart, alla periferia di Aosta, deve la sua fortuna alla bontà del latte e, soprattutto, ai metodi di preparazione e alle tecniche di stagionatura, rimasti immutati da secoli.
Prodotto con latte intero di mucche locali (pezzate rosse e pezzate nere), trattato a crudo e non sottoposto a trattamenti termici, il formaggio riesce a conservare tutti gli aromi delle erbe di cui sono ricchi i pascoli di cui le bestie si sono nutrite. A questo risultato concorre anche la lavorazione che prevede, tra l’altro, dopo una maturazione di tre mesi (durante la quale le forme vengono giornalmente rigirate), una stagionatura in grotte, in miniere o, comunque, in locali nei quali la temperatura vari dai 6 ai 10 gradi e l’umidità si aggiri attorno al 90%.
[…] Questo ottimo formaggio […] ha nella cultura gastronomica della Val d’Aosta una tradizione secolare. La documentazione più attendibile, nella quale si parla chiaramente di “fontina” è degli inizi del secolo XVIII, in una nota del registro delle spese dell’Ospizio del Gran San Bernardo del 1717.
Esiste, tuttavia, una carta del secolo XIII, nel quale si fanno inequivocabili cenni ad un formaggio alpino, al quale si può chiaramente riferire, se non la fontina valdostana, sicuramente un suo diretto antenato.”

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