Il pomodoro e il suo Museo

“[…] e sopra
il tavolo, nel mezzo
dell’estate,
il pomodoro,
astro della terra,
stella
ricorrente
e feconda,
ci mostra
le sue circonvoluzioni,
i suoi canali,
l’insigne pienezza

e l’abbondanza
senza ossa,
senza corazza,
senza squame né colonna vertebrale,
ci offre
il dono
del suo colore focoso
e tutta la sua freschezza.”

Con queste parole Pablo Neruda chiude la sua Ode al pomodoro, parte di quelle Odi elementari, poesie scritte nel 1954 in cui si parla anche delle cose della nostra cucina: il pane, la patata, il pomodoro, la cipolla, il carciofo, la castagna, il miele, l’olio, il limone, la mela, la prugna, il cocomero.

Originario del Messico e del Perù, e apprezzatissimo in patria – dove gli Inca e gli Aztechi lo chiamavano tomatl, cioè “pianta con frutto globoso, polpa succosa e numerosi semi” e lo consumavano ogni giorno -, una volta importato in Europa, all’incirca alla metà del XVI secolo, fu inizialmente considerato velenoso e destinato soltanto ad usi ornamentali.

Nel Meridione d’Italia già alla fine del ‘500, con un secolo d’anticipo rispetto all’Europa continentale, si consumavano i pomodori crudi o fritti in olio di semi e sale o in minestre e zuppe. Nel resto d’Europa le cose cambiarono solo con le pestilenze e le carestie dei secoli XVII e XVIII.

Soprattutto a seguito della storica spedizione garibaldina dei Mille l’ortaggio si diffuse dal Sud in tutta Italia divenendo parte integrante della nostra alimentazione e cultura gastronomica con la molteplicità delle sue varietà e la versatilità dei suoi utilizzi.

Le principali varietà di pomodoro coltivate in Italia

Sapevate che al pomodoro è stato dedicato addirittura un museo? Si tratta di uno dei sei Musei del Cibo presenti nella provincia di Parma, progettati per trasmettere la conoscenza dei processi di produzione di sette prodotti protagonisti dell’agro-alimentare nel parmense: formaggio Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Salame Felino, Pasta, Pomodoro, Vini di Parma, Culatello di Zibello.

Il Museo del pomodoro, collocato all’interno della Corte di Giarola tra Collecchio e Ozzano Taro, zona storicamente dedicata alla produzione e alla trasformazione del pomodoro, si trova al piano terreno dell’ala ovest della grande corte rurale medievale, trasformata alla fine del XIX secolo in fabbrica di conserva e caseificio. Fu inaugurato il 25 settembre del 2010 con un convegno dedicato a Il pomodoro a Parma: storia, imprenditorialità e gusto, cui intervennero Tullio Gregory, direttore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, il nutrizionista Giorgio Calabrese, il giornalista gastronomico Davide Paolini e Giancarlo Gonizzi, coordinatore dei Musei del Cibo.

Il Museo, collocato all’interno delle antiche stalle della corte rurale, in continuità col Museo della pasta, è suddiviso in sette sezioni, la prima delle quali, caratterizzata dalla presenza di una grande scultura centrale raffigurante un pomodoro sezionato, descrive le numerose varietà esistenti e la storia del suo arrivo in Europa dal continente americano.

Qui sotto un’immagine che sintetizza il percorso espositivo.

Navigando nel sito del Museo è possibile scoprire una marea di informazioni e curiosità sul pomodoro…in attesa di programmare una visita in loco al Museo del pomodoro e – perché no – agli altri Musei del Cibo della provincia di Parma, invogliati magari da questo video:

Comments are closed.