Artusi e la lingua italiana

Poco meno di due anni fa, il 4 agosto 2020, il Ministero dello sviluppo economico emetteva un francobollo commemorativo di Pellegrino Artusi nel bicentenario della nascita.

Come recitava il comunicato stesso del Ministero, il francobollo – riprodotto qui sopra – “raffigura, in primo piano, un ritratto di Pellegrino Artusi, sullo sfondo, la copertina della prima edizione del 1891 del suo manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene ed elementi rappresentativi delle passioni di Artusi: la letteratura e la gastronomia. In basso, al centro, è riprodotta la firma autografa di Artusi”.

Di professione né cuoco né letterato Pellegrino Artusi è riuscito a esprimere entrambe queste due passioni in una sintesi originale ed efficace.

Romagnolo di nascita ma fiorentino di adozione, Artusi con il suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie” insieme alla dispensa degli italiani ne mette in ordine anche la lingua.

Insieme alle vivande principali della tradizione romagnola-bolognese e di quella toscana-fiorentina, Artusi propone pietanze tipiche del Nord, del Sud (fino a Napoli) e dell’Italia centrale con l’obiettivo di unire gli italiani a tavola. E lo fa provando e riprovando i piatti grazie all’aiuto dei suoi due domestici, il cuoco originario come lui di Forlimpopoli, Francesco Ruffili, e la governante, Maria Sabatini.

Così, dopo averlo apprezzato per le sue ricette e i suoi suggerimenti gastronomici, proviamo a conoscere un po’ di più il suo amore e il suo impegno per la lingua italiana.

«Certi cuochi, per darsi aria, strapazzano il frasario dei nostri poco benevoli vicini con nomi che rimbombano e non dicono nulla, quindi, secondo loro questa che sto descrivendo avrei dovuto chiamarla zuppa mitonnée […] Ma io per dignità di noi stessi, sforzandomi a tutto potere di usare la nostra bella ed armoniosa lingua paesana, mi è piaciuto di chiamarla col suo nome semplice e naturale (ricetta 38, Zuppa su sugo di carne)»

Difendere l’italiano dall’assalto francese e pensare all’unità della lingua italiana, non sono operazioni frutto del caso. Artusi nella sua biblioteca personale ha passato anni e anni a studiare la letteratura italiana. Tre i verbi al centro del suo principio linguistico di stampo manzoniano: razionalizzare, semplificare e uniformare.

Per raccontare le sue ricette si basa sulla lingua di Firenze, adottata nella vitalità della tradizione parlata e nella ricchezza di quella scritta.

Il suo bagaglio lessicale è ampio e vario: dalle parole dell’uso corrente – come adagino adagino per riferirsi al bollire della pentola – alle tecnicismi culinari che oggi sentiamo in ogni cucina – come rosolare, cuocere a bagno marialegare, ridurre

Per quanto riguarda i termini stranieri Artusi a volte li italianizza il più possibile – come bordò, glassagruiera… – altre volte li mantiene nelle loro forma originaria, come briochessandwichespureèstrudel

La sua abilità narrativa gli permette di impartire precetti di igiene e di economia domestica e insegnare ricette accompagnandoli con una serie di racconti, aneddoti personali e modi di dire proverbiali che danno alla sua prosa un tono gradevolmente colloquiale.

E proprio sul rapporto di Pellegrino Artusi e della sua Scienza in cucina con la lingua italiana la Fondazione Casa Artusi di Forlimpopoli – primo centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana inaugurato nel 2007 – offre una breve ma interessantissima videolezione che crediamo meriti di essere ‘gustata’. A tenerla è Giovanna Frosini, Accademica della Crusca, ordinaria di Storia della lingua italiana presso l’Università per stranieri di Siena.

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