«Vecchia Brianza in cucina»

«… Monticello: ammirevole panorama dalla Casa Cavalletti. Non ho mai visto niente di simile; all’orizzonte si scorge il Duomo di Milano, e sullo sfondo una linea azzurra disegnata dalle montagne di Parma e di Bologna. Ci troviamo in cima a una collina; a destra vista stupenda: pianura fertile e roccia, e due o tre laghi; a sinistra altra vista magnifica e che, nei dettagli, è l’opposto dell’altra; delle colline, la Madonna di Montevecchia. Sul davanti, questa bella Lombardia, con tutto il lussureggiare della sua verzura e delle sue ricchezze, e un orizzonte senza limiti. L’occhio si perde trenta miglia più in là, tra le brume di Venezia: è il contro-altare della visuale di San Michele in Bosco».

Stendhal, Roma, Napoli e Firenze, 1817.

Con queste parole di Stendhal Ottorina Perna Bozzi apre il suo libro Vecchia Brianza in cucina, uscito per la prima volta nel 1979 per i tipi di Giunti Martello – a quattro anni di distanza da Vecchia Milano in cucina – e ripubblicato nel 2013 da Ibis Edizioni per iniziativa degli eredi dell’autrice (e tuttora in commercio).

Stendhal – pseudonimo dello scrittore francese Henri Beyle – le scrive nel 1817 a Parigi nel suo Rome, Naples et Florence, in cui non può fare a meno di ricordare «la fleur de sa vie», la sua giovinezza: Milano e tutto ciò che ne fa parte.

Da sempre innamorato dell’Italia e in particolare di Milano – come testimonia la sua stessa epigrafe nel cimitero di Montmartre “Arrigo Beyle – milanese – scrisse, amò, visse” – Stendhal l’anno dopo, nel 1818, torna nuovamente in Italia e, come racconta la Perna Bozzi:

“È un viaggio che porta il preciso nome, scritto per metà in italiano, di Voyage dans la Brianza, in appendice al Voyage d’Italìe. Col suo amico Vismara, carbonaro, fa la prima tappa a Giussano (e non è detto che si comportino molto bene), poi a Inverigo, dove si ferma a colazione all’albergo, probabilmente quello del Gigante che già allora esisteva, a Erba, a Canzo, ad Asso, passando davanti alla «deliziosa cascata della Vallategna», costeggia il lago del Segrino «dall’aspetto selvaggio» e scende su Pusiano che ha già ammirato da Inverigo”.

Fin dalle prime pagine risulta chiaro che Vecchia Brianza in cucina non è solo un ricettario, ma un viaggio nella storia gastronomica della Brianza, una ricostruzione della cultura della tavola di questo territorio.

Accanto al quadro storico – a partire dalla presenza dei Longobardi tra il VI e VIII secolo fino al contesto sociale dell’Ottocento e del Novecento – c’è una grande attenzione ai prodotti locali e al loro utilizzo nella gastronomia del territorio: dalle verdure ai vari tipi di carne (maiale, manzo, pollame, conigli), dalla polenta ai vini, dalle rane alle lumache, dai pesci d’acqua dolce – come il persico, la tinca e la trota – al merluzzo secco.

E ancora l’autrice si sofferma sui piatti tradizionali brianzoli nelle varie festività dell’anno e su quelli di uso quotidiano negli ambienti più popolari.

Se poi ci si vuole cimentare in cucina nella terza parte il libro non lascia che l’imbarazzo della scelta: oltre 250 pagine di ricette, raggruppate in ben 15 tipologie, e ciascuna con l’indicazione del paese di provenienza: non resta che scegliere e provare!

Comments are closed.